Il cibo degli Artisti

In occasione dei tre giorni dedicati a Luigi Veronelli nel suo decennale dal sito "la terra trema", ho "dedicato " a loro queste poche righe:

Se a Gualtieri chiedete a qualcuno di Antonio Ligabue la frase che sentirete pronunciare più spesso su di lui è che "cambiava un quadro per un piatto di minestra". Frase spesso pronunciata dalle persone più anziane con un misto di nostalgia e di rammarico per il quadro perso.

Un arte, quella del baratto, che sarà una costante in tutta la sua vita,anche nquando avrà successo e disponibilità economiche.
Ligabue non solo barattava emozioni, ma sostituiva alla moneta il suo "equivalente generale": il quadro.

Bello immaginare una società che usa l'arte per gli scambi.

Ma cosa mangiava Ligabue?

"Quando lo andavamo a trovare all'Ospedale gli portavamo sempre dei dolci,di cui sapevamo che era goloso" ci riferiscono i figli di Vandino Daolio.
A Cesarina,l'amore della sua vita,non faceva mai mancare le paste che poi mangiavano assieme, e quando pranzava all'Osteria non si perdeva di certo i cappelletti e le tagliatelle che preparava la madre di Cesarina. Accompagnate sempre da una buona bottiglia di lambrusco,certamente a fermentazione naturale, di cui ammirava estasiato la schiuma che faceva nel versarlo nel bicchiere.

Sul letto di Ospedale quando Cesare Zavattini gli chiese cosa desiderava, rispose "un piat ad pastasòta".

Carne poca, quasi mai.

Ciò che colpisce è però la sua predilezione per le uova all'occhio di bue, al burro, che mi riportano al grande enogastronomo Luigi Veronelli, che ordina al grande cuoco Luigi Carnacina il suo piatto migliore: e questi gli porta due uova altegamino.

"Quando aprirai il ristorante " - mi disse Veronelli- "non mettere forti ricarichi sulle bottiglie, ma se cucinerai un uovo appena uscito dal culo di una gallina,sappi che quello non ha prezzo".

E così feci.

Giuseppe Caleffi