Antonio Ligabue

Zurigo, 18 dicembre 1899 – Gualtieri, 27 maggio 1965

Quando nel 1948, noi Alberici, dalla "rasgheta" siamo venuti ad abitare a Gualtieri, Ligabue "al Toni" abitava da Berto Caleffi nella casa del Comune e dormiva nel fienile in coabitazione con Cita.

All'epoca le case erano affollate da famiglie numerose che dovevano destinare parte degli ambienti alla custodia di scorte per le persone e per gli animali; capitava che per giovani maschi in buona salute si dovessero cercare spazi alternativi alla camera da letto. Si spendeva un pò di fantasia per rendere confortevoli queste sistemazioni con arelle e teli di yuta intonacati a fungere da pareti e controsoffittature.

I letti erano quelli che passava la casa: reti o assi sui cavalletti, materassi di piume o pagliericci, coperte grezze più pesanti di quelle destinate a chi dormiva in casa (forse, perchè allora per i più non c'era riscaldamento nelle camere) e per comodino un sacco di frumento.

Nessuno, quindi, si scandalizzava che Ligabue dormisse nel fienile di Berto e non deve scandalizzare oggi. Certamente non costituiva problema che anni prima avesse abitato, su sollecitazione di Celestino Caleffi, nella barchessa messa a disposizione dal nonno Celso dove, fra l'altro, c'erano stanze fornite di finestre dotate di "spirei" (infissi) protette da inferriate e fittissime reti metalliche.

Non ero ancora nata all'epoca e devo ricorrere ai racconti di mia madre per ricostruire brandeli di storia in cui la vita della famiglia Caleffi s'intrecciava con quella di un uomo sofferente e dalla personalità complessa. Nonostante io fossi una bambina curiosa, stranamente, non sono mai entrata in alcuni ambienti della barchessa, per esempio: ad eccezione della legnaia che aveva un unico accesso raggiungibile con una scala a pioli non sono mai salita al piano di sopra.

Per ipotizzare dove abitasse Ligabue devo andare per esclusioni. Attraversato il cortile davanti alla casa lasciando a destra il pozzo e a sinistra "l'era" (l'aia) ci si trvava davanti "la bugadera" (la lavanderia) con "la furnasela" e il grande paiolo di rame; si proseguiva scostando un pò a sinistra e si passava davanti al porcile e al pollaio. In fondo, nella parte che confina con la strada, c'era una porta che immetteva in una serie di ambienti; qui c'era la casa di Ligabue.

Viveva con un cane diversi conigli che teneva a piano terra e che curava a modo suo. Quanto a lui, non aveva che l'imbarazzo della scelta: sistemarsi in una stanza adiacente o al piano soprastante e deve averle provate tutte senza trovare la soluzione soddisfacente. Ligabue, infatti, era terrorizzato dalla paura di morire nel sonno e dovendo, come tuti i mortali, cedere alla stanchezza, si era preparato una nicchia tra le balle di paglia, vi aveva piantato un palo messo per traverso e collocato esattamenta all'altezza del suo inguine e vi si calava in modo da dormivegliare in piedi come i cavalli.

Prima di accingersi al riposo compiva riti, emetteva nitriti che lo facevano immedesimare nell'animale. Mia madre raccontava che lei provava angoscia solo alla vista di Ligabue; spesso lui le chiedeva qualche soldo, diceva che le avrebbe fatto il ritratto, lei gli allungava una manciata di centesimi e si ritirava in casa, scoprendo talvolta che le mancavano il sapone e la mastella: Ligabue, infatti che non si lavava mai, lavava il cane e i conigli con una assiduità ossessionante. Mia madre non rimpiangeva il ritratto mancato, diceva che le avrebbe fatto rivivere la sofferenza che le provocavano quei fugaci ma inevitabili incontri.

Iscriviti alla nostra newsletter

per essere sempre informato sulle nostre iniziative.